sabato 3 novembre 2007

PRIMI APPROCCI




Nel 1964 immaginai l’incontro di una bimba di nove o dieci anni con uno strano personaggio e scrissi un breve racconto che, nelle mie intenzioni, doveva apparire come una pagina del diario della bambina scritto, ovviamente, con un linguaggio abbastanza infantile.
Non ricordo più quale titolo avessi scelto per il racconto, comunque lo inviai alla Mondadori che il 5 aprile del ’64 lo pubblicò, con il titolo “Primi approcci” nel numero 331 dei Romanzi d’Urania. Ovviamente il mio racconto seguiva al romanzo principale che era “Gli incappucciati d’ombra”
Immaginate quale fu la mia sorpresa, tredici anni dopo, quando andai nel 1977 a vedere il film “L’uomo che cadde sulla terra”, interpretato dal cantante ed attore David Bowie, nel ritrovarvi parecchi elementi ed incredibili somiglianze con il mio racconto: la magrezza del protagonista, la debolezza dei suoi occhi, la sedia a rotelle, l’incredulità della gente e soprattutto la conclusione.
Bowie interpretava magnificamente Thomas Jerome Newton, un alieno che arriva sulla terra per procurare l'acqua e cercare inutilmente di salvare il suo pianeta dalla siccità.
Ovviamente è abbastanza improbabile che l’autore della trama del film abbia tratta ispirazione dal racconto scritto da uno sconosciuto giovane dall’altro capo del mondo, però…
Ad ogni buon fine mi fa piacere riproporre il mio racconto ai cari amici del blog, mantenendo il titolo datogli dalla Mondadori e attendendo i loro commenti e le loro considerazioni.

PRIMI APPROCCI

La casa di fronte alla mia è quella del signor Jones. Papà dice che il signor Jones è un vecchio pazzo ma la mamma dice che è soltanto uno straniero e che forse è così perché è stato sfortunato nella vita e non ha trovato nessuno che si prendesse cura di lui.
Papà scuote la testa e dice dove prenderà i soldi e mamma dice mah.
I vicini hanno paura di lui e dicono a noi bambini di non avvicinarci perché ci mangia.
Il signor Jones è magrissimo, ha la barba rossa e gli occhiali neri neri che non si toglie mai. Non esce mai fuori dal suo giardino e va in giro su una sedia con le ruote.
Durante la settimana lo va a trovare la vecchia Mattia che è una nera grassa grassa che si chiama così perché il padre non sapeva che è un nome di uomo.
Mattia cammina lentamente e si muove a destra e sinistra come le oche, ma è fortissima e dice non ho paura neanche del demonio. Un giorno Jeff che è cattivo ed è stato in prigione ha voluto prendere la sua borsetta ma lei con uno schiaffo l’ha gettato in terra e poi gli ha dato anche un calcio.
Mattia va a comprare il latte e i biscotti al signor Jones che mangia solo quello e poi gli sbriga le faccende di casa,
Un giorno sono andata piano piano vicino al signor Jones che stava davanti allo scalino di casa sua, e non sapevo se mi guardava perché con gli occhiali neri non si vede.
Avevo un po’ paura però l’ho guardato e poi gli ho chiesto se è vero che mangia i bambini. Lui mi ha detto di sì ma si è messo a ridere, e così ho visto che è senza denti. Poi mi ha chiesto se volevo comprargli il latte.
Io l’ho comprato e lui mi ha detto che sono una brava bambina e che gli ricordo sua figlia. Io allora mi sono arrabbiata e gli ho detto che dice bugie, perché sua figlia non si è mai vista. Allora il signor Jones mi ha fatto sedere sullo scalino e mi ha chiesto se avevo paura di lui. Io ho detto di no e lui mi ha raccontato che dove stava prima aveva una figlia e poteva camminare perché era più leggero.
Io ho chiesto perché non tornava dove stava prima e lui non ha risposto ed è rimasto zitto zitto. Dopo un po’ mi sono annoiata e gli ho tirata la giacca per vedere se dormiva e lui si è girato verso di me. Poi ha sospirato e ha detto che tanto a me lo poteva dire che lui era uno straniero e che gli faceva bene dirlo finalmente a qualcuno. Io gli ho detto che lo sapevano tutti e che lo sapevo pure io che era uno straniero e lui si è messo a ridere e mi ha detto tu non sai quanto perché vengo da una stella che sta nel cielo. Gli ho chiesto se stava con babbo Natale e lui mi ha detto di no, che stava più lontano ancora e che era venuto con una macchina speciale che poi si era rotta.
Io allora mi sono ricordata dei giornalini di mio fratello grande che leggo di nascosto perché mamma non vuole e ho chiesto al signor Jones se era uno spaziale. Lui mi ha guardato a lungo senza parlare, poi ha detto di sì, e io gli ho detto che era un bugiardo perché non aveva le antenne e la faccia verde, e lui si è messo a ridere e mi ha detto che non tutti gli spaziali hanno le antenne e che lui però aveva gli occhi diversi. Io gli ho detto di farmeli vedere e lui mi ha chiesto se avevo paura. Io gli ho detto di no e allora si è tolto gli occhiali e mi ha fatto vedere che aveva gli occhi tutti rossi. Gli ho detto che mi sembrava il nostro coniglio e lui si è messo a ridere mi ha dato una moneta e mi ha detto di tornarmene a casa.
A casa ho detto alla mamma che il signor Jones è uno spaziale con gli occhi rossi e lei mi ha detto di non fare la scema. Io ho detto che me l’aveva detto lui e che avevo visto io che aveva gli occhi rossi e la mamma ha gridato che sono una cattiva bambina perché dico le bugie e poi ha detto a papà di non far comprare più a mio fratello grande quei giornalini perché ci riempiamo la testa di sciocchezze.
Io ho gridato che avevo detta la verità e di chiederlo al signor Jones e papà ha fatto la faccia seria seria e mi ha detto che mi dava uno schiaffo e di non permettermi più di andare dal signor Jones.
Quando sono uscita ho visto il signor Jones che mi guardava dalla finestra e sorrideva.
Allora io gli ho tirato fuori la lingua. Non so perché l’ho fatto, lui ha abbassata la testa e sembrava triste ed io mi sono pentita e mi ha fatto dispiacere.

a proposito di Padre Pio


per chiarire meglio le varie cose che si vanno pubblicando sui giornali e che vengono trasmesse per televisione, riporto un interessante articolo di Stefano Campanella.
27/10/2007) Per completare la verità su Padre Pio.
Il documento che chiarisce alcuni aspetti della vita di Padre Pio messi in ombra da due recenti articoli di un quotidiano.
La Premessa.
Il 24 ottobre il Corriere della Sera ha pubblicato un «brano» di un libro del prof. Sergio Luzzatto nel quale è riportata la testimonianza di due farmacisti ai quali Padre Pio ha chiesto «in stretto segreto dell’acido fenico puro» e, successivamente, «quattro grammi di veratrina».
Ciò ha fatto sorgere a uno dei due farmacisti «il sospetto grave, gravissimo, che il frate si servisse dell’una o dell’altra sostanza irritante “per procurarsi o rendere più appariscenti le stigmate delle mani”». Oltre a riportare questi fatti, l’autore commenta: «Più che profumo di mammole o di violette, odore di santità, dalla cella di padre Pio erano sembrati sprigionarsi effluvi di acidi e di veleni, odore di impostura».
Il giorno dopo, lo stesso quotidiano, riportava un articolo firmato da Aldo Cazzullo con altri stralci tratti dallo stesso libro, non ancora in commercio. Questa volta viene reso noto il contenuto di «quattro foglietti» scritti da Papa Giovanni XXIII il 25 giugno 1960, nei quali si legge: «L’accaduto – cioè la scoperta per mezzo di filmine, si vera sunt quae referentur, dei suoi rapporti intimi e scorretti con le femmine che costituiscono la sua guardia pretoriana sin qui infrangibile intorno alla sua persona – fa pensare ad un vastissimo disastro di anime, diabolicamente preparato, a discredito della S. Chiesa nel mondo, e qui in Italia specialmente». Questa la “verità” che il quotidiano ha voluto far conoscere. Ma non è tutta la verità.
I farmaci dello “scandalo”.
In un Dizionario dei Medicamenti del 1965 si legge che l’acido fenico ha «potere antisettico», in passato «fu adoperato da Lister per l’antisepsi operatoria, ma ora è abbandonato perché all’antisepsi si è sostituita l’asepsi ed anche perché nella disinfezione del campo operatorio è sostituito da altri antisettici» ed è «usato con qualche frequenza nella disinfezione di piaghe e di ferite infette» (1). Lo stesso testo indica che la veratrina, «applicata sulla cute e sulle mucose determina irritazione fortissima (senso di calore, di bruciore ecc.) a cui segue, specialmente se la veratrina è sciolta nell’alcool, o mescolata con grasso, ottundimento della sensibilità» (2). In termini più semplici: era usata come anestetico locale. Che Padre Pio utilizzasse il primo prodotto non era certo un mistero. Lo ha attestato anche padre Paolino da Casacalenda (3), che nelle sue memorie ha scritto: «Padre Pio per pulire le ferite ed arrestare il sangue usava l’acido fenico» (4).
Si legge sul Corriere del 24 ottobre: «A Foggia, voci sul ritrovamento di acido fenico nella cella di padre Pio avevano circolato già nella primavera di quel 1919, inducendo il prof. Morrica a pubblicare sul Mattino di Napoli i propri dubbi di scienziato intorno alle presunte stigmate del cappuccino».
Certamente questi dubbi furono condivisi anche dal prof. Amico Bignami, ordinario di Patologia Medica alla Regia Università di Roma che, nel mese di luglio del 1919 fu incaricato da padre Giuseppe Antonio da Persiceto, procuratore e commissario generale dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, di visitare il Frate di Pietrelcina e di riferire il suo giudizio. Quando il prof. Bignami incontrò Padre Pio, gli chiese il «perché applichi la tintura di iodio», un altro antisettico, con blanda azione emostatica. Il Frate rispose «che la usa come disinfettante un paio di volte alla settimana e anche e anche più spesso; ed anche la usa, perché, a suo dire, se non la applica, le lesioni facilmente sanguinano» (5). Bignami concluse la sua relazione escludendo che le stimmate «siano state determinate artificialmente e volontariamente», anche perché «l’impressione di sincerità che ha fatto in me Padre Pio – ha scritto il cattedratico – mi impedisce di pensare alla simulazione senz’altro» (6). Però il prof. Bignami ipotizzò «che le lesioni descritte siano cominciate come prodotti patologici (necrosi cutanea multipla della cute) e siano state forse incoscientemente e per un fenomeno di suggestione, completate nella loro simmetria e mantenute artificialmente con un mezzo chimico, per esempio con la tintura di iodio» (7).
La certezza doveva scaturire da un esperimento, chiesto espressamente dal cattedratico romano: «Essendosi egli persuaso che il suo giudizio era il vero, perché potesse aversi una prova del fatto, diede ordine al Provinciale (era padre Pietro da Ischitella n.d.a.) di proibire l’uso di qualsiasi medicinale, specialmente dell’acido fenico, da applicarsi sulle ferite e anzi poi ordinò di fasciare e suggellare le ferite alla presenza di due testimoni e di controllare i suggelli delle stesse alla presenza degli stessi testimoni, per otto giorni, affinché si potesse avere la certezza che le ferite non erano state affatto toccate, molto meno curate. Dopo otto giorni bisognava fare una coscienziosa relazione per dire se le ferite si erano rimarginate oppure no».
Tutto fu eseguito scrupolosamente. «L’ottavo giorno in cui furono definitivamente tolte le fasce al Padre Pio, mentre Egli celebrava la Messa, colava tanto sangue dalle mani che fummo costretti a mandare dei fazzoletti perché il Padre potesse asciugarlo. Nella relazione che mandammo al Molto Reverendo Padre Provinciale, sottoscritta dai testimoni e da me, nel riferire coscienziosamente che nei controlli giornalieri le fasce e i sigilli furon trovati sempre a posto facemmo notare questa circostanza del sangue durante la Messa, perché ci parve una prova veramente chiara che il Signore dava contro il giudizio del prof. Bignami» (8).
L’azione caustica.
Il Dizionario dei Medicamenti evidenzia l’azione caustica sia dell’acido fenico, sia della veratrina. Ma – chiedo agli specialisti – può l’azione caustica arrivare a forare completamente una mano o un piede? Il dott. Luigi Romanelli, primario chirurgo all’ospedale civile di Barletta, che per primo, a maggio del 1919, visitò le stimmate di Padre Pio su incarico di padre Benedetto da San Marco in Lamis, ministro provinciale dei Frati Minori Cappuccini della Provincia religiosa di Foggia, scrisse nella sua relazione che «applicando il pollice nella palma della mano e l’indice nel dorso, coprendo in tal guisa le due zone descritte e facendo pressione, che riesce oltremodo dolorosa, si ha la percezione esatta del vuoto esistente fra le due dita» (9).
Fece la stessa esperienza, anche se solo per sua “curiosità”, il dott. Andrea Cardone, che aveva curato il Frate a Pietrelcina. «Per rendersi conto se le piaghe di Padre Pio erano aperte o si fossero rimarginate, fece entrare nella piaga della mano destra del Padre il pollice e l’indice in modo che si toccassero l’un l’altro. Padre Pio ne provò un grande strazio ed esclamò: “Eh, dottore, sei come san Tommaso?… A me le ferite fanno male»(10).
Lo stesso medico ha dichiarato per iscritto che i fori attraversavano il palmo delle mani da parte a parte, tanto da vedere la luce filtrare»(11). Anche alcuni frati hanno potuto fare l’identica constatazione. Un’altra prova. Se la proibizione di padre Pietro da Ischitella di usare l’acido fenico e l’esperimento suggerito dal prof. Bignami non fossero sufficienti a fugare i dubbi, c’è un altro elemento che va evidenziato per un’analisi storica non lacunosa sulle stimmate di Padre Pio: queste scomparvero poco prima della morte senza lasciare alcuna traccia di cicatrice.
In merito, il dott. Paolo Maria Marianeschi, specialista in chirurgia generale presso la Clinica chirurgica dell’Università di Perugia, durante il Convegno di studio sulle stimmate del Servo di Dio Padre Pio da Pietrelcina (12), ha affermato che «le lesioni cutanee profonde guariscono sempre con cicatrice… Nell’uomo la cicatrizzazione è un processo obbligatorio e non facoltativo… esso è necessariamente ed automaticamente innescato nel momento stesso in cui si produce la lesione anatomica dei tessuti». Per cui «la scomparsa delle stimmate di Padre Pio o la loro guarigione acicatrizziale che dir si voglia è un vero e proprio assurdo fisiopatologico».
Detto in termini più semplici: «La Medicina può solo affermare che la scomparsa delle stimmate di Padre Pio è una guarigione straordinaria che rappresenta un vero e proprio salto dal corso naturale degli eventi»(13). Tutto questo smonta ampiamente l’ipotesi autolesionistica sulle stimmate di Padre Pio e accredita quella di una origine soprannaturale. «In stretto segreto». Il fatto che Padre Pio chiedesse i due farmaci «in stretto segreto» è certamente dovuto alla sua necessità di tenere nascoste le stimmate, che erano per lui motivo di confusione e di mortificazione e di vergogna, come si evince da numerose pagine del suo epistolario.
Quando, nel 1910, a Pietrelcina comparvero per la prima volta questi segni, il Frate informò padre Benedetto da San Marco in Lamis, che era il Ministro Provinciale, ma anche il suo direttore spirituale, con una lettera dell’8 settembre 1911, nella quale spiegava: «Questo fenomeno è quasi da un anno che si va ripetendo, però adesso era da un pezzo che più non si ripeteva. Non s’inquieti però se adesso per la prima volta glielo dico; perché mi sono fatto vincere sempre da quella maledetta vergogna. Anche adesso se sapesse quanta violenza ho dovuto farmi per dirglielo!» (14).
Dopo la prima comparsa, poiché la sua «anima a tal fenomeno rimase assai esterrefatta, pregò il Signore che avesse ritirato un tal fenomeno visibile. Da allora non apparsero più; però, scomparse le trafitture, non per questo scomparve il dolore acutissimo» (15). Il 20 settembre 1918 quelle piaghe si riaprirono. Per quasi un mese Padre Pio non scrisse nulla a padre Benedetto. Solo il 17 ottobre trovò la forza di prendere la penna in mano, ma la sua narrazione dell’accaduto era confusa: «Sarà necessario che io pronunzi il mio fiat nel mirare quel misterioso personaggio che mi impiagò tutto e non desiste dalla dura, aspra, acuta e penetrante operazione, e non dà tempo al tempo che venga a rimarginare le piaghe antiche, che già su di queste ne viene ad aprire delle nuove con infinito strazio della povera vittima?… Deh! Cessi da me questo strazio, questa condanna, questa umiliazione, questa confusione!» (16). A questo punto il Ministro Provinciale si allarmò e gli ordinò: «Figliuol mio, dimmi tutto e chiaramente, e non per accenni. Qual’è l’operazione del personaggio? di dove scorre il sangue e quante volte al giorno o alla settimana? che è avvenuto alle mani e ai piedi, e come? Voglio sapere per filo e per segno tutto e per santa ubbidienza» (17).
Solo dietro imposizione «per santa ubbidienza», il Frate stigmatizzato, il 22 ottobre 1918, raccontò dettagliatamente ciò che gli era accaduto il 20 settembre precedente. Ma lo fece con grande difficoltà e senza nascondere il suo disagio. «Mio Dio – si legge in quella lettera di risposta a padre Benedetto – che confusione e che umiliazione io provo nel dover manifestare ciò che tu hai operato in questa tua meschina creatura!»(18). Se Padre Pio aveva tanta difficoltà, persino con il suo direttore spirituale, a rendere nota l’esperienza mistica che viveva, come avrebbe potuto spiegare alla farmacista interpellata il motivo per cui gli servivano le due sostanze richieste?
L’opinione di Papa Giovanni XXIII.
Nei «foglietti» di Papa Giovanni il giudizio segue una premessa: «si vera sunt quae referentur». Cioè, se sono vere le cose riferite. Infatti il Card. Tardini chiamò per telefono mons. Loris Capovilla, all’epoca segretario particolare del Pontefice, e «lo invitò a scendere nel suo appartamento per prendere le bobine delle “registrazioni” e farle ascoltare al Papa. Papa Giovanni non volle, dicendo che tutta la vicenda era in mano ai responsabili del S. Officio: esaminassero in coscienza» (19).
Dunque «da parte del Papa non c’era alcun pregiudizio. Erano gli uffici a trasmettere notizie negative su quanto avveniva a San Giovanni Rotondo, e il Papa non poteva far altro che prenderne atto» (20).
A chiarire ogni cosa fu l’arcivescovo di Manfredonia, mons. Andrea Cesarano «che si recò a fare visita al Santo Padre nel 1961 e che lo vide turbato. Non ebbe da lui il solito tono di giovialità come per le altre volte, data l’antica amicizia, ma che subito gli chiese: “Che mi racconti di Padre Pio?” “Santità…” “Non chiamarmi santità – lo interruppe – “chiamami don Angelo come hai sempre fatto. Dimmi di lui!” “Padre Pio è sempre l’uomo di Dio che ho conosciuto all’inizio del mio trasferimento a Manfredonia. E’ un apostolo che fa alle anime un bene immenso”. “Don Andrea, adesso si dice tanto male di Padre Pio”. “Ma per carità, don Angelo. Sono tutte calunnie. Padre Pio lo conosco sin dal 1933 e t’assicuro che è sempre un uomo di Dio. Un santo”. “Don Andrea, sono i suoi fratelli che l’accusano. E poi… quelle donne, quelle registrazioni… Hanno perfino inciso i baci”.
Poi il Santo Padre tacque per l’angustia e il turbamento.
Monsignor Cesarano, con un fremito che gli attraversava l’anima e il corpo, tentò di spiegare: “Per carità, non si tratta di baci peccaminosi. Posso spiegarti cosa succede quando accompagno mia sorella da Padre Pio?” “Dimmi”. E monsignor Cesarano raccontò al Santo Padre che quando sua sorella incontrava Padre Pio e riusciva a prendergli la mano, gliela baciava e ribaciava, tenendola ben stretta, malgrado le vive rimostranze nel timore di sentire un ulteriore male per via delle stigmate.
Il buon Papa Giovanni alzò lo sguardo al cielo ed esclamò: “Sia lodato Dio! Che conforto che mi hai dato. Che sollievo! Ti prego, avverti subito il Cardinale Tardini e il Cardinale Ottavini del tuo arrivo. Di’ a loro ciò che hai raccontato a me. Domani ci sarà la riunione dei membri del Santo Offizio che discuteranno proprio il caso di Padre Pio. Io ti preannunzierò ai due Eminentissimi con una telefonata”.
Anche loro riconobbero “infondate” le accuse contro il venerato Padre. In seguito proprio in forza della deposizione di monsignor Cesarano, avvalorata da altre testimonianze favorevoli a Padre Pio, fu evitato l’irreparabile». A mons. Cesarano «il Papa nel corso di quel colloquio mostrò alcune fotografie compromettenti del Padre amato accanto a donne». L’Arcivescovo «lo rassicurò dicendo che erano degli evidenti fotomontaggi e il Santo Padre si rasserenò» (21). Fu svelata, infine, la menzogna secondo cui Padre Pio avrebbe predetto il pontificato a Roncalli. «Non se l’è mai sognato» (22), garantì mons. Cesarano.
Questo chiarimento avrebbe potuto esserci molto tempo prima. Infatti il Pastore dell’Arcidiocesi di Manfredonia tentò di «rendere omaggio al Papa» prima di quella data, ma gli rispondevano «che è tanto occupato» e che era necessario «attendere di essere chiamato da lui… E quando mons. Cesarano ottenne l’udienza fu accolto con grande benignità e con un affettuoso rimprovero per non essersi fatto vedere da tanto tempo» (23). Ecco perché il Pontefice affermò: «Su Padre Pio mi hanno ingannato». Tale dichiarazione fu riferita a padre Gabriele Amorth «da molte persone», tra le quali «il marchese Oddone Tacoli, uno dei tre segretari al Soglio di Papa Giovanni» (24), amico e compagno di studi del noto sacerdote paolino.
I due Papi.
Con l’articolo del 24 ottobre è stata pubblicata una fotografia di Giovanni Paolo II con la seguente didascalia: «Il processo che portò alla canonizzazione di Padre Pio, fortemente voluta da Giovanni Paolo II, ebbe inizio con il “nihil obstat” del 29 novembre 1982. Il 20 marzo 1983 iniziò il processo diocesano, il 21 gennaio ’90 Padre Pio venne proclamato venerabile (la data è sbagliata, quella corretta è 18 dicembre 1987 n.d.a.). Fu beatificato il 2 maggio ’99 e proclamato santo il 16 giugno 2002 come san Pio da Pietrelcina».
L’accostamento può indurre a sospettare che il Pontefice, di cui è in corso il processo di beatificazione, abbia fatto percorrere alla causa di Padre Pio una scorciatoia. In realtà così non è, nonostante Papa Wojtyla desiderasse proclamarlo personalmente beato e santo. Lo ha dichiarato, in tempi non sospetti, mons. Edward Nowak, all’epoca segretario della Congregazione delle Cause dei Santi. L’Arcivescovo, infatti, ha rivelato che «il Santo Padre non solo mi esortava a condurre avanti il processo di Padre Pio, ma proprio mi tormentava, se così si può dire. Qualche volta quando siamo stati insieme a tavola, la prima domanda era sempre questa: “A che punto stiamo con la causa? A che punto stiamo con la causa?”. Io dicevo: “Padre Santo, da San Giovanni Rotondo, dalla diocesi di Manfredonia, ci hanno mandato due scaffali di documenti, cioè 104 volumi del processo. Se la vostra Santità mi autorizza a bruciare tre quarti, andiamo domani alla beatificazione e alla canonizzazione”. Il Santo Padre rispose: “No, no, studiatele bene, studiatele bene queste carte”».
Questo è sempre stato un punto fermo nel modo di agire di Giovanni Paolo II, per ogni processo. «Lui è sempre del pensiero di fare tutto in maniera molto molto dettagliata perché questo giova anche alla figura stessa (del Servo di Dio n.d.a.) così che si chiariscono tutti i dettagli della vita, così non ci saranno difficoltà, critiche o altre voci, così possiamo andare sicuri alla beatificazione e alla canonizzazione». «Questo argomento (della causa di beatificazione di Padre Pio n.d.a.) – ha aggiunto mons. Nowak – era sempre presente nei nostri incontri. Qualche volta c’era la signora Poltawska, quella per cui il Santo Padre come vescovo di Cracovia ha chiesto una speciale grazia da parte di Padre Pio, e questa tormentava ancora di più del Santo Padre, dicendo che “questi nella Congregazione non si muovono, non si muovono, vanno troppo lenti, troppo lenti”» (25). Nell’articolo del 25 ottobre sono stati riportati alcuni giudizi espressi da Papa Giovanni XXIII su Padre Pio sulla base di informazioni riferite, ma non le affermazioni successive al chiarimento, nonostante siano già pubblicate da anni. Questo potrebbe indurre i lettori a pensare a una sorta di contrapposizione fra Padre Pio e la Chiesa e, in particolare, questo Pontefice. Questa contrapposizione non c’è mai stata. Il vero atteggiamento di Papa Roncalli lo abbiamo dimostrato. Quello di Padre Pio si può ricavare da una sua frase e da un episodio. La frase non ha bisogno di commenti: «Dolce è la mano della Chiesa anche quando ci percuote, perché è sempre la mano della madre» (26).
L’episodio ha avuto per protagonista il prof. Felice Spaccucci, autore di un libro intitolato “I cinque Papi di Padre Pio”, scritto quando il Cappuccino stigmatizzato era ancora in vita. «Avendo vissuto il periodo di Papa Giovanni a San Giovanni Rotondo, avendo assistito a tante angherie nei confronti di Padre Pio, certo non ero benevolo nei confronti di Papa Giovanni», ha dichiarato l’autore. «Avevo fatto – ha proseguito nel suo racconto – il capitolo su Papa Giovanni XXIII, l’avevo terminato. Ritornato a San Giovanni Rotondo di passaggio e confessandomi da Padre Pio, alla fine mi disse: “Uhè, guagliò, quel capitolo su Papa Giovanni non mi piace. Non l’aveva letto. Quindi poi rifeci tutto il capitolo» (27).
San Giovanni Rotondo, 27 ottobre 2007. Stefano Campanella direttore responsabile Tele Radio Padre Pio.
(1) Medicamenta – Cooperativa Farmaceutica Milano - VI edizione 1965, p. 3508 e 3509. (2) Ivi, p. 4640. (3) Era superiore del Convento di San Giovanni Rotondo quando arrivò Padre Pio e mantenne l’incarico fino al 29 settembre 1919. (4) Padre Paolino da Casacalenda Le mie memorie intorno a Padre Pio a cura di P. Gerardo Di Flumeri – Edizioni Padre Pio da Pietrelcina 1978, p. 166. (5) Relazione del prof. Amico Bignami in Le stigmate di Padre Pio da Pietrelcina a cura di padre Gerardo Di Flumeri, p. 176. (6) Ivi, p. 177. (7) Ivi, p. 178. (8) Padre Paolino, Le mie memorie, o.c., p. 170 e seg. (9) Relazione del dott. Luigi Romanelli in Le stigmate, o. c., p. 149. (10) Fra Modestino da Pietrelcina Io… testimone del Padre Edizioni Padre Pio da Pietrelcina 1992, p. 33. (11) Dichiarazione del dottor Andrea Cardone in Le stigmate, o.c. p. 309. (12) Si è svolto a San Giovanni Rotondo dal 16 al 20 settembre 1987. (13) Atti del Convegno di studio sulle stimmate del Servo di Dio Padre Pio da Pietrelcina Edizioni Padre Pio da Pietrelcina 1988, p. 238 e segg. (14) Pio da Pietrelcina Epistolario Vol. I – Edizioni Padre Pio da Pietrelcina 1995, p. 234. (15) Ivi, p. 669. (16) Ivi, p. 1090. (17) Ivi, p. 1091. (18) Ivi, p. 1093. (19) Pro-memoria di mons. Valentino Vailati, arcivescovo di Manfredonia e Presidente del Tribunale perla Causa di Padre Pio dopo un colloquio con mons. Loris Capovilla in Beatificationis et Canonizationis Servi Dei Pii a Pietrelcina Positivo super virtutibus Vol. I/1, p. 137. (20) Intervista di mons. Capovilla al quotidiano on-line Petrus del 26 ottobre 2007. (21) Padre Carmelo da Sessano Padre Pio, Uomo santo di Dio Edizioni Pugliesi 2002, p. 177 e 179. (22) Mario Cinelli e Lorenzo Gulli Padre Pio Giovanni XXIII Rai Eri 2002, p. 95. (23) Ivi, p. 92. (24) Intervista dell’autore a p. Gabriele Amorth del 28 agosto 2007. (25) Stefano Campanella Il Papa e il Frate Edizioni Padre Pio da Pietrelcina, Seconda Edizione, p. 209 e seg. (26) Marciano Morra Padre Pio e la Chiesa madre di santi e di peccatori Edizioni Casa Sollievo della Sofferenza – Edizioni Padre Pio da Pietrelcina 2007, p. 168. (27) Intervista rilasciata dal prof. Felice Spaccucci a Tele Radio Padre Pio.
di Stefano Campanella

mercoledì 31 ottobre 2007

L'orso Ceppalonius e il leprotto Sergeius




C'era una volta il leprotto Sergeius Demagistratibus. Era uno stimato giurista, un animaletto grassoccio, anzianotto, tranquillo e cortese che benché fosse notoriamente un anarcoliberalfascistazzo era abbastanza benvoluto e stimato dalla comunità della foresta per la sua onestà, ed era sempre disponibile a dare una mano a chi ne aveva bisogno.
Veniva spesso invitato ad indagare su alcuni personaggi poco raccomandabili e in quei giorni aveva in corso una ricerca circa alcune attività del bieco orso Ceppalonius.
Nella sua tana aveva una ricca raccolta di pandette e, ovviamente, di carote ma, poiché non era avaro, non si lamentava se talvolta veniva l'attempata gattona Grace a chiedergliene una per certe sue strane abitudini.
Il giorno del compleanno di Info una micia tigrata comunistazza, loro grande amica, che aveva raggiunta la soglia dei 40 anni decise, d'accordo con Esy , una soriana un poco cicciottella ma ancora avvenente, di farle una sorpresa.
Con qualche difficoltà convinsero il rospo Marcos a recarsi alla festa assicurandogli che Info, una volta brilla, l'avrebbe baciato avidamente sulla bocca per trasformarlo in principe.
Conoscendo i gusti della festeggiata e pregustando anche il futuro idillio, comprarono alcune casse di Nero d'Avola, Nebbiolo, Barbera, Sangiovese, Primitivo e Montepulciano. Tutti vini rigorosamente rossi.
Praticamente tutta la comunità della foresta si era intanto incamminata per recarsi alla festa. C'erano il sapiente Antonio76 con la collega nA', le Mucche assassine, il marziano Feloi, i litigiosi grilli informatici Liandyer e il Giomba, la Balene bianche, Red Bull, la Giraffa, la Lumachina, la candida micia Faralunetta, e molti altri che sarebbe troppo lungo nominare.
Sergeius si era attardato. Aveva voluto a tutti i costi portare personalmente anche una cassa di Corvo di Salaparuta. All'improvviso un forte rumore di rami infranti e un pesante calpestio lo fecero voltare.
Dietro di lui, ghignante e con fili di bava che colavano oscenamente dalle zanne, si ergeva il suo mortale nemico: l'orso Ceppalonius.
Intuendo le intenzioni cannibalesche dell'avversario, Sergeius si diede ad una disperata fuga ma la vecchiaia e la stanchezza ebbero presto ragione di lui e, pur correndo quanto più poteva, stava ormai per essere agguantato e divorato.
La fine sembrava ormai vicina per il vecchio leprotto quand'ecco, in una nuvola di fumo e scintille, apparire le magiche Bruja e Stregagatta.
"Fermi tutti" gridarono. " Abbiamo deciso di dare ad entrambi la facoltà di formulare tre desideri che noi esaudiremo!".
Ceppalonius , con gli occhi subito arrossati dalla consueta libidine, gonfiò il torace e disse: " Voglio che tutti gli orsi, escluso me, diventino femmine". E il leprotto subito: "voglio un casco, un bellissimo robusto casco da motocross"
"molto bene" disse Stregagatta "i vostri desideri sono esauditi. E il secondo?"
E Ceppalonius , lisciandosi il pelo e leccandosi i baffi ghignò: "Voglio che tutte queste femmine di orso siano sexy, voluttuose e bellissime!" e Sergeius " Ed io invece voglio una moto, una potente motocross con una cilindrata 500"
L'orso si rotolava per terra dalle risate, sghignazzando per le modeste richieste di Sergeius al pensiero che questi avrebbe potuto chiedere cose molto più importanti. "Ah, ah, ah, ho sempre pensato che tu fossi un cretino incapace! Ti farò espellere dalla foresta e poi ti cucinerò in salmì con contorno di Viagra, ah, ah, ah".
"Fatto. Ora ditemi il terzo ed ultimo desiderio" sentenziò Bruja.
"Voglio che tutte quelle bellissime orse si mettano in fila e vengano da me" ruggì Ceppalonius sempre più assatanato e con gli occhi porcini ridotti a fessure libidinose.
Il vecchio leprotto indossò con calma il casco, salì sulla motocross, fece partire il motore e, partendo a razzo, gridò: "ed io voglio che questo stronzo di Ceppalonius diventi Frocioooo! "
"Fatto." Sorrisero Bruja e Stregagatta, scomparendo in una nuvola di fumo.

domenica 28 ottobre 2007

Io e ... Caterina?


Leggo e riporto dal Corriere Della Sera:


I nuovi umanoidi? Sono sempre più veri


Actroid farà la guida nei musei, Qrio giocherà con i nostri bambini e Tmsuk IV aiuterà gli anziani. Giappone protagonista
Actroid, umanoide della Kokoro, sembra vera (Ap)
TOKYO - Sembra vera, ma non lo è. Actroid è un nuovo modello di androide che ha la pelle che sembra vera, in realtà è di silicone, sbatte le ciglia e parla. Ha le parvenze di una seducente donna giapponese, sa esprimere circa 40 emozioni e muove le braccia con naturalezza. Si chiama «Actroid» ed è stata presentata alla «International Robot exibition », esposizione che questo novembre si è tenuta a Tokyo e che ha attratto più di 100.000 visitatori. Actroid è alta 1.58 metri e pesa 30kg ed è dotata di uno speciale azionatore (l'«airthurbo») che attraverso i muscoli facciali le permette di esprimere emozioni e di parlare, oltre che di muovere le braccia. La Kokoro Co. Ldt e la Università di Osaka, creatori di «Actroid», contano di metterla sul mercato l'anno prossimo come guida nei musei, negli hotel e nei ristoranti.

Nel 1980 il bravissimo Sordi si cimentò come regista ed attore in una commedia satirica: Io e Caterina. Malgrado il film comprendesse anche attori di successo quali Chaterine Spaak, Rossano Brazzi, Edwige Fenech (Antonio76 sicuramente l’avrà visto) ed altri bravi interpreti, l’opera si rivelò piuttosto insipida e scialba. In pratica si trattava di un uomo di successo, con moglie, amante e cameriera, il quale stufo di tutte queste donne se ne liberava e acquistava un perfezionatissimo robot femminile tuttofare. Caterina appunto. Nel corso della vicenda il robot acquistava caratteristiche sempre più femminili fino a diventare ostile ed estremamente gelosa nei confronti di una donna invitata in casa dal padrone.
Ho ricordato questo film leggendo l’articolo di cui sopra ed anche la notizia che uno scienziato dell'Università di Maastricht in Olanda, un certo David Levy ha effettuato uno studio, per il quale è stato anche premiato, in cui è previsto che entro 40 o 50 i robot saranno talmente perfezionati che assumeranno oltre all’ apparenza anche funzioni e personalità umane al punto che si renderà inevitabile utilizzarli come strumenti di sesso (mandando in pensione le attuali bambole di gomma) fino a giungere persino al matrimonio.
Scenario allucinante!
- Pronto? Parlo con l’elettricista? Gentilmente può venire a casa mia? Mia moglie ha un paio di circuiti danneggiati e ha bruciato le bistecche.
- Pronto? Parlo con l’idraulico? Mia moglie ha un occlusione del tubo di scarico e non ci si può avvicinare per il cattivo odore. Come? Domani? Non è possibile, la prego venga subito, i vicini si stanno già lamentando!
- Pronto? Parlo col programmatore? Mio marito ha il software fuori uso e sta rincorrendo come un assatanato il postino!
Ma siamo impazziti? Già oggi le nostre povere metà della mela stanno diventando semibioniche a furia di chirurgia plastica alle tette, alle labbra, al naso, ai glutei e così via…
No, no. Mi rifiuto di pensare che ci sarà un mondo simile, ma questo David Levy non poteva studiare cose più simpatiche?... che so…farfalle, coleotteri, api…
Per quanto mi riguarda viva le donne “natùre”, viva le donne con i peli sotto le ascelle, viva le donne cicciotelle, viva le donne magre, viva le donne con i loro seni comunque siano: grandi, piccoli, a pera, a coppa di Champagne, sodi oppure un po’ rilassati.
Viva le donne comunque e che David Levy insieme con il personale della Cokoro Co. Ldt venga rinchiuso a vita dove non potrà nuocere a nessuno!

I POLIBUROSAURI SONO TRA NOI


Leggo sul “TIMES” , a proposito del ddl Levi-Prodi, che secondo gli standard medi del G8 l’Italia appare uno strano paese. Un paese di legislatori ottuagenari dai quali c’è da aspettarsi qualsiasi cosa proprio in conseguenza della loro avanzata età.
Il Governo italiano sembra quindi, agli occhi del mondo e probabilmente lo è, incapace di adattarsi al mondo moderno e soprattutto alle nuove sfide della globalizzazione ed alle nuove tecnologie..
Sono parole ironiche ma che rivelano una palpabile realtà. Guardando gli altri paesi occidentali vediamo che la differenza di età tra i loro governanti che a stento superano i 50 anni, ed i nostri è abissale. Se consideriamo poi che (fortunatamente) gli italiani sono tra i popoli più longevi e che il numero delle persone anziane è cresciuto al di là di ogni previsione non possiamo non renderci conto che le problematiche di una tale situazione sono molto diverse da quelle che potevamo avere 40 o 50 anni addietro e che le possibili soluzioni non possono che venire da menti giovani, fresche, allenate.
Ma la cosa forse più grave è proprio quella dell’età dei politici più noti ed importanti, quelli che contano. Siamo nell’era pleistocenica dei poliburosauri, e con quale elasticità mentale, con quali conoscenze tecniche, con quale slancio giovanile i poliburosauri possono governarci e trovare nuove soluzioni ai problemi italiani?
Per non annoiare troppo gli amici blogger ho dato un’occhiata solo ad alcuni dei più noti personaggi che hanno gestito e gestiscono le leve del potere, dai Presidenti della Repubblica ai vari Presidenti del Consiglio, Ministri e Sottosegretari ed ecco il risultato:

Oscar Luigi Scàlfaro è' nato il 9 settembre 1918 a Novara (89 anni)
Carlo Azeglio Ciampi è nato a Livorno il 9 dicembre 1920 (87 anni)
Giorgio Napolitano è nato a Napoli il 29 giugno 1925 ( 82 anni)
Romano Prodi è nato a Scandiano (Reggio Emilia) nel 1939 (68 anni).
Enrico Micheli è nato a Terni il 16 maggio 1938 (69 anni)
Ricardo Franco Levi è nato a Montevideo (Uruguay) nel 1949 (58 anni – cavolo! È quasi un bimbo, gliene avrei dati molti di più)
Giuliano Amato é nato a Torino il 13 maggio 1938 (69 anni)
Tommaso Padoa Schioppa è nato a Belluno il 23 luglio 1940 (67 anni portati abbastanza male – era meglio Fernandel)
Arturo PARISI è nato a San Mango Piemonte, in provincia di Salerno, il 13 settembre 1940 (idem come sopra)
Silvio Berlusconi è nato a Milano, il 29 settembre 1936 (71 anni – cavolo, ma capelli a parte, l’hanno rifatto col siero di Serge Voronoff?)
Alfredo Biondi nato a Pisa il 29 giugno 1928 (79 anni e ahimè si vedono tutti)
Francesco Cossiga nato a Sassari il 26 luglio 1928 (come sopra)
Lamberto Dini nato il 1 marzo 1931 a Firenze (76 anni)
Rita Levi Montalcini nata a Torino il 22 aprile 1909 (98 anni. Eh? 98 anni? Caspita. Grande e illustre scienziata, ma non potrebbero lasciarla in pace?)
Giulio Andreotti nato a Roma il 14 gennaio 1919 (88 anni)

Prosegue il “Times” . In the unlikely event that Italy declares war, the decision will come from a head of state who was a month shy of 20 when the Germans surrendered at the end of the Second World War. (nella spiacevole eventualità che l’Italia dichiarasse guerra, le decisioni sarebbero prese da un Capo di stato che già aveva quasi 20 anni quando i tedeschi si arresero alla fine della seconda guerra mondiale).


Purtroppo questo è uno dei tanti motivi per cui i paesi esteri ci guardano con stupore e scuotono la testa con commiserazione. Capisco che esperienza e saggezza (magari ci fossero) siano utili alla conduzione di una nazione, ma non sarebbe ora di dare più spazio ai giovani ed alle donne?