lunedì 31 marzo 2008

Caro dottor Giuliano Ferrara


La lettera pubblicata qui di seguito è stata inviata a Giuliano Ferrara da Luisa Caddeo, madre di Sara e Roberto Ibba. La dolorosa vicenda di questa sventurata, e abbandonata famiglia, è nota a molti amici blogger. Chi volesse ulteriori notizie può trovarle nel sito Voci nel silenzio .
Quali che siano le mie opinioni personali su una materia così delicata come l'aborto non posso venir meno al bisogno di denunziare il vergognoso abbandono in cui le "Istituzioni" hanno lasciato questa famiglia dopo averla illusa con vuote ed ipocrite promesse di assistenza e di lavoro.
Mi piacerebbe molto se tutti coloro che passano da qui copiassero questa lettera e la pubblicassero sui loro blog. Si dice che una noce nel sacco non fa rumore ma, se saremo molti, il rumore diverrà assordante e può darsi, chissà, che chi ha il potere di intervenire intervenga...

Caro Dott. Ferrara, ultimamente Lei sta promuovendo una forte campagna a favore della vita tramite la rivisitazione della legge 194. Mi sembra di capire che, sostanzialmente, lei afferma fortemente il principio secondo il quale una donna dovrebbe essere fondamentalmente propensa a generare vita piuttosto che a donare morte. Ebbene, io sono una di quelle che, fra le due opportunità, ha optato per la prima. Tenterò di illustrale, brevemente, la mia situazione: " Sono Madre di due bambini, Sara e Roberto, rispettivamente di 14 e 11 anni . I due bambini sono portatori, sin dalla nascita, di handicap grave(OLIGOFRENIA, LEUCOENCEFALOPATIA E IPOTONIA) , giudicati invalidi al 100%, io e mio marito Carlo, percepiamo un totale di 800 euro al mese quale indennità d'accompagnamento. Inoltre, in virtù di quanto previsto dalla legge 162/1998, vengono erogati pseudo servizi d'assistenza quali: accompagnamento dei bambini da casa a scuola e viceversa; supporto terapeutico psicologico (musicoterapia) e ausilio educativo mediante educatrice che permane nel nostro domicilio 2 ore al giorno. Cosa dice questa legge? In sintesi il legislatore ha voluto affermare un sacrosanto principio che si riassume così: " 1- ter)......... a disciplinare, allo scopo di garantire il diritto ad una vita indipendente alle persone con disabilità permanente e grave limitazione dell'autonomia personale nello svolgimento di una o più funzioni essenziali della vita, non superabili mediante ausili tecnici, le modalità di realizzazione di programmi d'aiuto alla persona, gestiti in forma indiretta, anche mediante piani personalizzati per i soggetti che ne facciano richiesta, con verifica delle prestazioni erogate e della loro efficacia". L'esclamazione mi pare d'obbligo: "ALLA FACCIA DELLA GARANZIA DI UNA VITA INDIPENDENTE!!!!!!!". Se con gli interventi attualmente adottati a favore di Roberto e Sara si ritiene di assicurare il diritto summenzionato, la pretesa mi sembra, francamente, un po' "eccessiva, per non dire demenziale". Inoltre, io non posso, ovviamente, lavorare dovendomi occupare dei bambini; mio marito è disoccupato da anni e, nonostante le ripetute richieste tese a richiamare l'attenzione della nostra amministrazione locale affinché, in virtù della drammatica situazione, possano essere adottati provvedimenti d'eccezione per assicurare una qualsiasi attività lavorativa a mio marito Carlo, e quindi assicurare ai nostri due infelici figli perlomeno una adeguata alimentazione (sto parlando di ALIMENTAZIONE, non di sfumature voluttuarie) tutto tace, nel più assoluto immobilismo. Caro Ferrara, le confesso, pur se con molta tristezza, che se dovessi tornare indietro, sarei una di quelle donne che avrebbe il buon senso di NON donare ai propri figli una vita fatta di stenti e sofferenze, di indigenze assolute, di abbandono da parte di una società che si professa democratica ed attenta al sociale e che, invece, con indifferenza ripone nel dimenticatoio le tragedie che colpiscono le persone più deboli. Le confido anche che, spesso, mi sembra di intravedere nello sguardo dei miei due bambini (ovviamente loro non sono in grado di articolare le parole e di formulare logici pensieri) una sorta di rimprovero per avergli donato una "non vita". Ora, quel che le chiedo è: una volta tanto, invece di portare alla ribalta i casi di donne che decidono di abortire per paura di non poter assicurare ai propri figli una vita degna di potersi definire tale, parli della paura di una madre che, a causa del totale stato di abbandono in cui sono stati relegati i suoi figli , vive nell'angoscia di cosa il futuro potrà riservare a questi due bambini, convive col senso di colpa di avergli imposto una vita d'inferno e solitudine, in un paese dove ci si preoccupa del "modello" ma non ci si prende cura delle specificità sociali che incidono fortemente sulla sua applicazione pratica, dove le tristi problematiche di questi "figli di un Dio minore" vengono appositamente sminuite sino al punto di renderle invisibili proprio perché è comodo ed edificante parlarne ma, ahimè, forse troppo impegnativo e poco remunerativo risolverli. Mi dimostri Dott. Ferrara che il suo è un forte e sentito convincimento e non l'ennesima messa in scena "Italianota" utile solo a dare visibilità al suo promotore. Perché Lei possa meglio rendersi conto di cosa stiamo realmente parlando, le allego due fotografie dei miei bambini, che danno il senso del loro effettivo stato di salute. Luisa Caddeo Piazza della Repubblica, 18 09010 Vallermosa (CA) Tel. 349 2534234

Per vedere e conoscere più da vicino il viso di questa dolce coraggiosa madre e dei suoi bimbi clicca quì

3 commenti:

Bruja ha detto...

Ciao Sergio...conosco la storia e ho sostenuto con tanti altri bloggers la causa della famiglia di Caddeo...
i politici parlano bene sulla pelle degli altri....caro mio...

Sergio ha detto...

La lettera della signora Luisa ha sollevato delle legittime perplessità da parte di qualcuno che si è chiesto come mai, dopo aver partorito un figlio malato, ne avesse partorito un altro. Chi non conosce il dramma di questa famiglia è ovvio che avesse qualche dubbio. L'ottimo articolo della giornalista della Stampa, Flavia Amabile, chiarisce tutto: nessun medico era stato in grado di diagnosticare il problema dei bambini NE' PRIMA NE' DOPO IL PARTO!. Si tratta infatti di quelle rarissime malattie che neppure l'amniocentesi o qualsiasi altra analisi riesce a rivelare. Ora è abbastanza semplice comprendere quali siano le ulteriori difficoltà (uso un eufemismo) che gravano sulla famiglia:
1) il lavoro: il lavoro che era stato promesso a Carlo Ibba e non è mai arrivato.
2) la casa: l'alloggio concesso dalla IACP non è definitivo ed inoltre è ricco di barriere architettoniche.
3) le cure e l'assistenza per i bambini: è saltuaria e carente.
4) la sopravvivenza: non è possibile neppure sopravvivere con il solo misero assegno di invalidità che percepiscono i bimbi.
Da parte mia continuo a ritenere che, oltre ad essere per tutti i casi simili un problema della politica nazionale che è bravissima a parlare ma poco ad agire, questo, in particolare, è innanzi tutto una gravissima situazione che dovrebbero risolvere le istituzioni sarde a cominciare dal presidente della regione fino all'ultimo assessore. cittadino.

giraffa.c ha detto...

Anch'io ho trovato giusto rendere nota la vicenda della famiglia di Luisa, non tanto per dare uno schiaffo morale a Ferrara che, nelle sue parole, non manifesta mai un briciolo di umanità nè di empatia nei confronti del suo prossimo, quanto, piuttosto, per dare una "scossa" agli amministratori del suo paese, che non hanno mosso un dito per aiutarla. Spero tanto possa servire..