Origine e fine dei Cavalieri Templari - 2° puntata (segue)
La regola definisce in modo chiaro e preciso anche il comportamento da tenere nei casi di scontri militari. Sotto il controllo del Maestro o del Maresciallo ai cavalieri non è possibile usare singole iniziative. Severe punizioni sono previste per chi non rispetta le consegne, per chi esce dai ranghi, per chi abbandona il campo senza permesso.
Per la prima volta gli europei si trovano a combattere un nemico che attua una tattica fatta di trappole, di imboscate, sfruttando le strette gole e vallate del territorio, o di finte ritirate. È necessario quindi avere anche come proprie risorse anche quelle della mobilità e della rapidità, e in questo i Templari erano veri maestri.
In caso di impedimenti o assenze il Maestro veniva sostituito dal Siniscalco, ma di fatto è il Maresciallo il vero responsabile del convento, oltre che comandante per le operazioni militari.
Accanto a queste figure troviamo il Commendatore del Regno di Gerusalemme, che si occupava anche delle funzioni di tesoreria , amministrazione e mantenimento delle relazioni verso le altre case Templari d'Occidente, Il Commendatore della Città di Gerusalemme, che assolveva il primario compito di proteggere i pellegrini nei luoghi santi, Il Commendatore di Tripoli ed Antiochia, che governava queste terre. I Commendatori delle varie Case Templari e il Commendatore dei Cavalieri, veri dignitari dell'Ordine, tutti disciplinati dallo statuto che ne regolava funzioni e poteri.
I Templari di ceto inferiore si suddividevano in Fratelli Cavalieri e Fratelli Sergenti che ricoprivano le funzioni assegnate in base ai loro compiti di combattimento o di preghiera. Oltre a queste distinzioni l'ordine poteva contare su un elevato numero di Fratelli Servitori, vere e proprie maestranze per le mansioni quotidiane all'interno delle loro dimore, diventate sempre più centri di attività economica ,spirituale e militare.
Accanto alla sede centrale di Gerusalemme troviamo le province d' oltremare di Antiochia e Tripoli. La principale risorsa economica e logistica per il buon funzionamento dell'ordine restò comunque l'Occidente, dalla penisola Iberica all'Ungheria.
I conflitti tra cristiani e mori infedeli nel sud dell'Europa elevarono i Cavalieri Templari ad un ruolo decisivo per la 'riconquista' ('reconquista'), ripagata, oltre che dall'onore, da ingenti proprietà fondiarie sia nell'attuale Portogallo sia in Spagna, precisamente in Aragona.
Lo sviluppo trovò terreno fertile in Francia, specialmente in Provenza e nel Poitou, e successivamente in tutte le regioni del paese. Si crearono dimore e magioni anche in Inghilterra, Ungheria e nel resto del continente. L'espansione Templare in Italia non fu fulminea come altrove e anche nei decenni successivi il nostro paese non diventerà mai fondamentale per le sorti dell'ordine.
Come era nella logica Templare i possedimenti erano dislocati prevalentemente lungo le vie di comunicazione terrestre (per esempio la via Emilia, la via Francigena e la via di Postumia), nelle sedi di fiere e attività commerciali ed in prossimità dei porti d'imbarco per l'oriente, specialmente in Puglia.
Questa fu la regione italiana che prima fra le altre accolse le domus gerosolimitane rosso-crociate grazie all'importanza strategica e commerciale dei suoi porti e delle sue città.
Tutto il Meridione d'Italia venne compreso inizialmente nella provincia templare d'Apulia. Tra le prime fondazioni dell'ordine, oltre quella di Trani va ricordata la casa di Molfetta (documentata nel 1148), Barletta (1169), Matera (1170), Brindisi (1169) con possedimenti nel leccese, Bari, Andria, Foggia (nel periodo di transizione normanno-svevo), Troia (anteriore al 1190) e Salpi.
Tra le sedi più importanti, va menzionata la Casa Templare di Barletta, che ricoprì il ruolo di Casa Provinciale sino al processo del 1312.Questa, quindi, era la situazione delle Province Templari, non restava che collegarle per sfruttare al meglio le loro risorse e, come vedremo, in questo i Templari non furono inferiori a nessuno...
La crisi politica del regno di Gerusalemme e il crearsi di fazioni contribuisce ad indebolire il potere negli stati latini d'oltremare. Siamo in Galilea, in piena estate del 1187. L'esercito cristiano con a capo il re Guido di Lusingano, supportato nelle retroguardie anche dai Templari, si accampa nelle vicinanze di Seforia, non lontano da Nazareth.
La sosta giunge a proposito. Gli uomini e i cavalli hanno bisogno di riposo e di acqua per riprendere la marcia sulle tracce dell'armata araba. Il re, ascoltato il maestro dell'ordine dei Templari, tale Gerardo di Ridefort, decide di lanciarsi all'inseguimento del nemico. Dopo un giorno di dura marcia, con l'esercito ormai stremato, decide di accamparsi presso l'altopiano di Hattin, ma i pozzi di acqua purtroppo sono a secco e nella rigogliosa pianura sottostante è sistemato il grosso del nemico con a capo il temibile Saladino. Complice l'oscurità ed una maggior freschezza fisica gli arabi risalgono l'altopiano e, usando tecniche da guerriglia, gettano scompiglio tra gli europei.
Stanco, assetato e circondato dal nemico: per l'esercito cristiano è la fine.
Errori militari da parte del re e di Gerardo di Ridefort contribuiscono alla disfatta completa delle forze latine. I Templari combattono valorosamente ma vengono tutti catturati e trucidati senza pietà dal nemico. Tra i pochi scampati al massacro i veri responsabili della sconfitta: il re e il maestro dell'ordine stesso.
I “diavoli rossi”, così chiamati dai musulmani, erano talmente temuti che venivano uccisi non appena fatti prigionieri. Ecco come lo stesso Saladino parla dei Templari fatti prigionieri: ”Voglio purgare la Terra da questi guerrieri immondi che non rinunciano mai alla loro ostilità, non rinnegano mai la loro fede e non saranno mai utili come schiavi”.
Lo storico arabo Imad ad-Din, testimone oculare, racconta:
"Saladino promise cinquanta denari a chiunque portasse un templare o un ospitaliero prigioniero. Subito i soldati ne portarono centinaia, ed egli li fece decapitare perché preferì ucciderli piuttosto che ridurli in schiavitù. Era circondato da un gruppo di dottori della legge e di mistici, e da un certo numero di persone consacrate alla castità e all'ascetismo.
Ognuno di essi chiese il favore di uccidere un prigioniero, sguainò la spada e scoprì l'avambraccio. Il sultano stava seduto con la faccia sorridente, mentre quelle dei miscredenti erano accigliate. Le truppe erano schierate, con gli emiri su due file.
Fra i religiosi, alcuni diedero un taglio netto ed ebbero ringraziamenti; la spada di altri esitò e rimbalzò: furono scusati; altri ancora furono derisi e sostituiti. Io ero presente e osservavo il sultano che sorrideva al massacro, scorsi in lui l'uomo di parola e d'azione. Quante promesse non adempì! Quante lodi non si meritò! Quante ricompense durature a motivo del sangue da lui versato! ...".
Saladino sembrava dimenticare la sua proverbiale magnanimità di fronte ai monaci-guerrieri.
Con questa vittoria Saladino si impadronisce di tutto il regno ed entra in Gerusalemme da trionfatore.
La recente caduta della città di Tripoli è stata un duro presagio per gli abitanti di San Giovanni d'Acri. Fino ad allora il sultano non pareva intenzionato ad attaccare le città cristiane sulla costa, in fondo facevano comodo anche per motivazioni commerciali e finanziarie. San Giovanni in particolare veniva considerata come un centro fondamentale e nel suo porto troviamo mercanti genovesi, pisani e veneziani, il commercio procurava da sempre notevoli guadagni e anche il sultano ed i Templari lo sapevano bene.
Non è un caso se qui a San Giovanni d'Acri troviamo notevoli fortificazioni a protezione del centro. La città è divisa per quartieri ognuno dei quali viene 'controllato' da forze militari ben precise. Il quartiere del Tempio, a picco sul mare e nelle vicinanze del porto, è uno dei più importanti per il controllo delle posizioni. Anche in fatto di strategie e di astuzie i cavalieri Templari non devono imparare da nessuno.
I preparativi per l'assedio alla città iniziarono diversi mesi prima e inutili furono le richieste di aiuto verso l'Europa ormai rassegnata alla perdita degli stati latini. Il 6 aprile inizia il vero assedio sotto le mura cittadine. La differenza tra le forze in campo, sia numerica che di armamenti, risulta davvero notevole a vantaggio degli arabi.
Inutili sono le incursioni negli accampamenti del nemico eseguite nel cuore della notte da valorosi Templari.
Accanto alle poderose catapulte che per oltre un mese devastano i quartieri cristiani, gli arabi fanno largo uso di mine per demolire le mura della città. In poco tempo la prima cerchia inizia a cedere dando origine a varchi d'ingresso per le truppe del nemico, ormai vicinissimo alle postazioni di controllo. La lotta è durissima. Furiosi combattimenti sono segnalati in ogni zona, i quartieri cadono uno dopo l'altro nelle mani del nemico, i Templari rispondono con coraggio anche se il Maestro cade sul campo, ferito a morte. Il 28 maggio capitola l'ultimo baluardo della città: la torre dei Templari: il sultano diventa padrone di San Giovanni d'Acri.
Tutti i dignitari dell'ordine periscono tra le mura della città, ' versando il proprio sangue nel nome di Cristo e in difesa della fede cristiana….'.
E' la fine degli stati latini e la conclusione dell'epoca delle crociate. la sconfitta di San Giovanni d'Acri aveva chiuso definitivamente ogni speranza di permanenza europea in Terrasanta. I pochi Templari che riuscirono a scampare ai massacri dei trionfatori musulmani si rifugiarono nell'isola di Cipro e precisamente a Limassol, dove venne spostata la sede dell'ordine.
Pur se in modesto numero, i cavalieri del tempio riuscirono a salvare dalla sede di San Giovanni il tesoro dell'ordine e le preziose reliquie tral le quali probabilmente un 'sacro lenzuolo' (la Sindone?).
Nel 1301 papa Bonifacio VIII dona all'ordine un isolotto, situato a due miglia al largo di Tortosa.
Ruad è un isolotto inospitale, arido, privo di acqua potabile ma strategicamente importante. Grazie all'arrivo di nuove forze da Cipro e dall'Europa i Templari riescono a fortificarlo e a creare una nuova guarnigione pronta a sfidare il vicino nemico infedele con rapide e fastidiose incursioni navali.
Il sultano d'Egitto, preoccupato dalla tenacia dei Templari e da un eventuale ritorno degli eserciti europei, assale l'isola-fortezza ma solo nel 1303 riesce ad ottenerne il pieno possesso. E' l'ultima battaglia: quasi tutti i Templari cadono a protezione dell'isolotto, come a voler difendere le ultime speranze della loro stessa esistenza.
I pochi prigionieri catturati vengono lasciati morire di fame nelle buie carceri egiziane. Il bilancio finale della missione in Terrasanta, anche per l'ordine dei Templari, si può quindi definire disastroso. Enorme fu il sacrificio in vite umane, ripagato solo in piccola parte dal coraggio e dalla tenacia che anche il nemico riconobbe ai membri dell'ordine.
Quasi tutti i massimi dignitari perirono sul campo di battaglia, o in seguito per le ferite che riportarono, sotto il vessillo bianco-nero chiamato 'bauceant' al grido di : NON NOBIS, DOMINE, NON NOBIS SED NOMINI TUO DA GLORIAM (NON A NOI, SIGNORE, NON A NOI, MA AL TUO NOME DONA LA GLORIA). L'Ordine dopo la definitiva perdita di Acri e degli Stati Latini in Terra Santa nel 1291 si avviava al tramonto: la ragione per la quale era nato, due secoli prima, era ormai venuta meno.
2 commenti:
Che storia appassionante, peccato che siano stati estinti, meritavano di meglio!
Grazie per aver raccontato con tanti ragguagli questa stupenda avventura
Esidra
Mi fa pensare che già da allora ci fossero leggi chiare sull'ammutinamento. Mi piacerebbe raccontare la storia di uno di questi ammutinati, un inetto che poi non compie azioni eroiche come in tanti film, ma resta rinnegato. E basta.
Interessantissima anche questa pagina. Grazie Sergio
Anathea
Posta un commento